Il Regolamento Europeo 765/08 Artall’art. 5, Par. 2, stabilisce che: “2. Qualora uno Stato membro decida di non usare l’accreditamento, fornisce alla Commissione e agli altri Stati membri tutte le prove documentali necessarie per la verifica della competenza degli organismi di valutazione della conformità che sceglie per l’applicazione della normativa comunitaria di armonizzazione in questione”, con ciò sottendendo che gli Stati membri dell’Unione Europea possano accettare un sistema di controllo della qualità non direttamente riconducibile al sistema di accreditamento previsto nel Regolamento sopracitato.
Del resto ciò risulta conforme al diritto internazionale ed appare rispettare in particolare il principio del mutuo riconoscimento che vige anche in tema di tali tipologie di certificazioni. Infatti l’EA ha stabilito che vanno riconosciuti i certificati di conformità emessi da organismi di certificazione accreditati da enti che aderiscono agli accordi di mutuo riconoscimento (MLA) conclusi dall’International Accreditation Forum (IAF) e dall’European co-operation for Accreditation (EA), senza necessità di ulteriori valutazioni. Ciò implica che se un organismo di certificazione è accreditato da un ente che aderisce ad uno di questi accordi, allora il certificato di conformità emesso dall’organismo di certificazione è riconosciuto come equivalente anche a livello europeo.
Coerentemente in Italia, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), facendo espresso riferimento agli accordi di mutuo riconoscimento, ha rilevato la perfetta equivalenza tra i certificati di conformità ISO emessi da organismi di certificazione accreditati secondo il regolamento n. 765/08 e quelli emessi da organismi di certificazione accreditati secondo il mutuo riconoscimento MLA/IAF. Ciò significa che i certificati di conformità emessi da organismi di certificazione accreditati da enti che aderiscono agli accordi di mutuo riconoscimento MLA/IAF sono riconosciuti come equivalenti a livello nazionale, in aderenza ai principi di mutuo riconoscimento sanciti dallo stesso Regolamento Europeo n. 765/08 all’articolo 5 paragrafo 2.
La tesi che i certificati ISO accreditati con mutuo riconoscimento MLA/IAF non siano da considerare validi ai fini dei fattori premianti per gli appalti pubblici appare infondata in quanto contrastante con gli accordi di mutuo riconoscimento già siglati ed implementati da diversi anni.
Alla luce del richiamato contesto internazionale, risulta infatti che entrambi i tipi di certificati siano da reputare validi ai fini dei fattori premianti per gli appalti pubblici in Italia. L’ANAC ha stabilito questa equivalenza perché gli organismi di certificazione accreditati secondo il Regolamento europeo 765/08 e quelli accreditati secondo il mutuo riconoscimento MLA/IAF devono soddisfare gli stessi requisiti internazionali di accreditamento (in particolare, gli standard internazionali della serie ISO/IEC 17000) e sono soggetti a controlli e revisioni regolari da parte degli organismi di accreditamento nazionali.
Si ricorda, inoltre, che la sottoscrizione degli accordi di mutuo riconoscimento è stata introdotta per eliminare le barriere commerciali tra i paesi e creare un sistema internazionale di certificazione che garantisca la qualità dei prodotti e dei servizi offerti.
Ciò significa che entrambi i tipi di accreditamento prevedono un sistema di controllo di qualità per gli organismi di certificazione e garantiscono l’indipendenza e l’imparzialità delle attività di certificazione.
Di conseguenza, non riconoscere l’equivalenza tra le certificazioni emesse da organismi accreditati da enti diversi che hanno sottoscritto l’accordo di mutuo riconoscimento MLA/IAF rappresenterebbe una violazione di questo principio.
In sintesi, l’accreditamento secondo il Regolamento Europeo n. 765/08 e quello secondo il mutuo riconoscimento MLA/IAF sono equivalenti perché entrambi sono basati sui requisiti internazionali di accreditamento e prevedono il riconoscimento reciproco dei certificati di accreditamento tra gli organismi di accreditamento nazionali attraverso l’ILAC MRA e l’IAF MLA. Inoltre, EA collabora con l’ILAC e l’IAF per promuovere l’armonizzazione internazionale degli standard di accreditamento.
Del resto ciò è avvalorato anche dalle statuizioni contenute nella sentenza del Consiglio di Stato n. 5513 del 22/07/21 che, con riferimento al previgente Codice degli appalti, ed in particolare all’art. 87 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (“Certificazioni della qualità”) ha rilevato che esso “stabilisce, sia quanto al rispetto delle norme di garanzia della qualità, compresa l’accessibilità per le persone con disabilità (comma 1), sia quanto al rispetto di determinati sistemi o norme di gestione ambientale (comma 2), che le stazioni appaltanti, quando richiedono la presentazione dei relativi certificati rilasciati da organismi indipendenti, si riferiscono innanzitutto ai sistemi della qualità fondati sulla serie di norme europee in materia (comma 1) ovvero al sistema dell’Unione di ecogestione a audit (EMAS) o altri sistemi di gestione ambientale nella misura in cui sono conformi all’art. 45 del regolamento (CE) n. 1221/2009 o ancora ad altre norme di gestione ambientale fondate su norme europee o internazionali in materia (comma 2) certificati da organismi accreditati (comma 1) ovvero accreditati per lo specifico scopo ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio.”.
Ed ancora, più chiaramente: “Il delineato sistema normativo che, pur prevedendo una certificazione “tipica di qualità” rilasciata da organismi accreditati, impone alle stazioni appaltanti il riconoscimento dei certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri e di consentire a determinate condizioni agli operatori economici di dimostrare che le misure di garanzia della qualità proposte soddisfano le norme di garanzia della qualità richieste, risponde all’esigenza di favorire la più ampia partecipazione alle gare degli operatori economici in condizioni di parità e di non discriminazione.”
Da ultimo si rileva che il nuovo Codice degli appalti (d.lgs. n. 36/2023), all’allegato II.8 – “Rapporti di prova, certificazioni delle qualità, mezzi di prova, registro on line dei certificati e costi del ciclo vita (Articolo 87)” stabilisce che: “Le stazioni appaltanti possono richiedere agli operatori economici una relazione di prova o un certificato rilasciato da un organismo di valutazione di conformità quale mezzo di prova di conformità dell’offerta ai requisiti o ai criteri stabiliti nelle specifiche tecniche, ai criteri di aggiudicazione o alle condizioni relative all’esecuzione dell’appalto. Le stazioni appaltanti che richiedono la presentazione di certificati rilasciati da uno specifico organismo di valutazione della conformità accettano anche i certificati rilasciati da organismi di valutazione della conformità equivalenti. A tal fine, per «organismo di valutazione della conformità» si intende un organismo che effettua attività di valutazione della conformità, comprese taratura, prove, ispezione e certificazione, accreditato a norma del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008 oppure autorizzato, per l’applicazione della normativa dell’Unione europea di armonizzazione, dagli Stati membri non basandosi sull’accreditamento, a norma dell’articolo 5, paragrafo 2, dello stesso regolamento (CE) n. 765/2008. Nei casi non coperti da normativa dell’Unione europea di armonizzazione, si impiegano i rapporti e certificati rilasciati dagli organismi eventualmente indicati nelle disposizioni nazionali di settore.”